È un’osservazione semplice, vera e che è emersa percorrendo una piovosa Firenze che ci ha accolto col suo cinghiale portafortuna e l’insistente odore di pellame del vicino Mercato del Porcellino.
Io e il mio uomo siamo ritornati a Firenze proprio quando, la seconda settimana di Novembre, l’Arno aveva superato la prima soglia di guardia. Era nero, sporco, minaccioso ma anche di un suggestivo indimenticabile! E lo osservavamo da Ponte Vecchio, mischiati a una folla, confusa tra ombrelli fuggitivi e ricerca dello scatto perfetto; i lucchetti erano ovunque, testimoni dei tanti amori passati di lì, per proseguire il loro cammino in altri luoghi particolari e protetti dal dono della condivisione.
Amo molto colazionare in prossimità di tesori artistici, seduta innanzi a una vetrina osservando lo scorrere umano con le sue espressioni di ammirato stupore. E anche quella mattina, bevuto il mio irrinunciabile cappuccino e uscita in strada, ho camminato solamente per qualche metro prima di scorgere la magnificenza della Cattedrale di Santa Maria del Fiore coronata dalla rivoluzionaria cupola del Brunelleschi e che si erge ai piedi di una folla multietnica che non smette di fotografare. E il vicino Battistero di San Giovanni, da cui prende il nome la vicina Piazza, sembra frapporsi al Campanile di Giotto in una visione, piena e totalizzante, che lo sguardo non riesce a contenere e…vacilli. Io e tutti intorno a me, fissavamo la pura bellezza di quel marmo policromo neogotico delle facciate, immerso nell’essenza del Rinascimento.
E non stupisce che sia stata proprio Firenze, la città protagonista della Sindrome di Stendhal, che prende il nome proprio dallo scrittore francese Stendhal che ne fu personalmente colpito e ne diede una prima emozionante descrizione nel suo libro/Diario di Viaggio: Roma, Napoli e Firenze: « Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere. »
Perché Firenze destabilizza, accelera i battiti del cuore come quando s’incrocia quello sguardo che ti attraversa e che spinge la sua passione e la sua curiosità sin dentro le tue vene, possedendoti eternamente…
E poco distante, il mio uomo scorge, affacciati alla finestra di un primo piano, two red dogs e vogliamo raggiungerli. Si tratta del MOVE ON, Pub & Record Store; saliamo e ci ritroviamo affacciati su una delle piazze più attraversate al mondo: Piazza S. Giovanni con tra le mani mitici dischi in vinile! E questa sinergia tra differenti forme d’arte, mi conquista. 🎷
E il nostro procedere lento continua per una Firenze medievale, più rilucente perché bagnata e acquistiamo un quaderno 100% in carta riciclata [ImaginArs Collection] intitolato non a caso:”Life Friend Love Passion” per conservare gli schizzi estemporanei di un Architetto sempre più Free e la sintesi dei miei immancabili appunti. ❤
Ma è Piazza della Signoria che voglio raggiungere restando lì immobile, immersa nella folla, con in mano una cartolina che ricostruirà tridimensionalmente il trecentesco Palazzo Vecchio che la domina insieme alla copia del David di Michelangelo.
Eh sì, mi trovo sul palcoscenico della sanguinosa vendetta di Lorenzo De Medici contro la famiglia dei Pazzi…
Ma Firenze diventa anche capitale culturale d’avanguardia che non si ripiega esclusivamente su un passato glorioso ma si apre a sperimentazioni e provocazioni ospitando a Palazzo Strozzi la Mostra Libero, del controverso e dissidente artista cinese contemporaneo, Ai Weiwei che si protrarrà sino al 22 gennaio 2017 e che io consiglio decisamente. E la suggestione ha già inizio sulle mura di Palazzo Strozzi che sono protagoniste dell’indifferenza nei confronti dei profughi, simboleggiata da imbarcazioni precarie che non salveranno moltitudini di emigranti e Ai Weiwei dona voce a chi non ne ha per il tramite di questa installazione di gommoni rossi appesi in successione ed è subito solidarietà riflessa che esige azioni radicali.
Ma Firenze significa anche profumi e sapori ed essendo viziata da uno #chefacasanostra, ho seguito i consigli di Claudia Vannucci che ringrazio [Blog Viaggi Verde Acido] e abbiamo raggiunto la Trattoria I’raddi; è situata nel cuore del centro storico di Firenze e a pochi passi dal Giardino di Boboli, in una viuzza che all’inizio, ci ha un pò preoccupati per la troppa desolazione ma, svoltato l’angolo, tanta gente stanziava anche fuori dalla trattoria sorseggiando del vino alla spina che il proprietario ci ha offerto nell’attesa di sederci proprio di fronte la cucina [lo preferiamo per seguire i movimenti, spesso appassionati dei cuochi e così è stato!]. E uno strutturato Rosso fermo, Chianti classico ha intervallato la tipica finocchiona, una squisita ribollita al pepolino, il peposo e i tortelli con ripieno di topinambur!
Alloggiavamo alle porte di Firenze, immersi tra campi di ulivi e antiche dimore, in una residenza d’epoca che mantiene l’aspetto architettonico di originaria Torre medievale trecentesca con lo stemma della famiglia patrizia dell’epoca ancora presente sulle porte. E quella stessa famiglia fece dono dell’acqua che scaturiva da questo podere ai monaci della vicinissima Certosa di Firenze [ex monastero dell’Ordine Certosino] che, totalmente illuminata di bianco, ogni notte, al nostro rientro, pareva sospesa nel buio.
E il foliage tutt’intorno negli occhi del mattino assecondava il depositarsi polveroso della nobiltà che ci ospitava, evocativa di tempi magnifici, ormai andati.